Ieri pomeriggio, caldo soffocante, un incontro alla stazione dei treni.
Arrivo con ampio anticipo, ma del resto ero in giro e non aveva senso tornare a casa. Osservo, mi piace farlo, annuso, ma l'odore dell'umanità e il calore della giornata cozzano malamente.
Penso al vecchio bar e a quanto mi sarebbe piaciuto sedermi a un tavolino: caffè o succo di pera, mi chiedeva il vecchio barista che conosceva i gusti di tutti i suoi clienti. Proprio come l' edicolante, che ti passava al volo il quotidiano e le riviste nel giorno di uscita. Mi sarei presa il caffè, un bicchiere d'acqua, avrei scambiato due parole con Poggi e sicuramente comprato un giornale da Antozzi. Avrei incontrato conoscenti, ci conoscevamo tutti in fondo. Bisogna accontentarsi delle macchinette distributori di bevande, di biglietti, non di libri, peccato. Metteranno distributori automatici a dispensare consigli, informazioni e chissà, chiacchiere per passare il tempo. Qui tutti corrono, sembrano avere fretta. Solo gli annunci sono quelli di sempre. Credo di avere riso da sola ricordando la voce di un addetto, che rendeva incomprensibile ogni annuncio e al solito e all'unisono si levava il solito "eh?" dei viaggiatori.
Invece no, tanto andirivieni di persone che non potevo conoscere, molti con biciclette. Bella comodità. In anni, ormai antichi, sarebbe stata presa in carico da un ferroviere e ci si sarebbe augurati di ritrovarla alla giusta stazione di arrivo.
Vedo una giovanissima mamma con due bambine, una con il triciclo. Noto che è affaticata e si batte una mano a livello di cuore. Chiedo se ha bisogno, mi risponde che è solo accaldata e le piccole vogliono però vedere i treni. Come una volta, i desideri dei bambini rimangono gli stessi a qualsiasi latitudine.
Almeno quelli, per fortuna
Il resto? Cerco qualcosa di familiare, ma non lo trovo. Mi aggrappo ai ricordi e spero solo che coloro che devo incontrare arrivino presto
Ho bisogno di tornare fra le mura di casa. Non è un buon segnale per me. Vedremo