TERRA FERITA
Era il 20 maggio 2012
Fu una violenta ondulazione del letto a svegliarci. Sulla sveglia lampeggiava l'ora: 1,13. Poi ancora verso le 2. Ormai i nostri sensi erano in allerta e in chat si cercavano informazioni fra vicini e amici. Stavamo tutti bene. Impauriti, ma salvi. Sembrava tutto calmo, ma pochi minuti dopo le 4, qualsiasi cosa intorno a noi riprese a muoversi. Questa volta il magnitudo era del 6 grado. Presi Winston, il mio terrier paralizzato dal terrore e lo portai con me sotto il tavolo del soggiorno. La casa, sembrava non aver subito danni evidenti: era caduto solo qualche libro. Poi, finalmente sembrò tutto placarsi. Rimaneva quella sensazione di sbandamento, di instabilità, come dopo un attacco di labirintite. Fu una settimana relativamente tranquilla. Non era la prima scossa nel modenese, per cui ci si aspettava la naturale scia sismica
Era il 29 maggio 2012
Come sempre verso le 8,30 ero in passeggiata mattutina con Winston, che trascinava verso il giardino della vicina residenza per anziani. Faceva già piuttosto caldo e gli alberi e il verde erano gradevole rifugio. Sulla via del ritorno, mi ritrovai abbracciata a un grande albero del Viale, con il guinzaglio stretto al polso. Intorno a me, gente che urlava, automobilisti che si fermavano, persone accucciate nelle aiuole. Erano le 9 e il sisma del 6 grado, durò 136 interminabili secondi. Battiti a mille per percorrere quei duecento metri che mi separavano da casa e vederla ondeggiare come una palafitte in balia delle onde. Non era possibile mettersi in contatto con nessuno e le prime voci dicevano che il centro storico era ferito gravemente. Figlia e marito in ufficio, proprio a ridosso di piazza Grande ebbero ordine di evacuazione e tutto venne chiuso
In casa, si erano aperte delle crepe, superficiali, come stabilirono i successivi controlli strutturali. Non mi fidavo a rimanere fra quelle pareti e come tantissimi modenesi ci riversammo in un parco. Nel primo pomeriggio altre scosse ci impedirono di rimanere in piedi. Potevamo reggere solo seduti nell'erba. Ci ancoravamo a quella terra che non voleva stare ferma. La giornata terribile fece costò la vita a 20 persone
Si passò il mese di giugno con un'auto pronta all'emergenza, con cuscini, coperte, farmaci, acqua e cibo per il cane. Ci passammo una mezza nottata, nel parcheggio del parco Amendola, fra modenesi che dormivano in tenda. Non c'era parco grande o piccolo, un giardino pubblico o privato, che non avesse un suo accampamento. Psicologicamente era impossibile resistere al continuo sciame di scosse: una sera, mentre sedevo davanti al pc, con la tipica poltrona da ufficio mi ritrovai sbalzata all'indietro, caddi e mi sentii urlare, davvero impaurita ed esasperata e fu necessario andarsene
Tutto ebbe termine, ma non si esaurì mai quella sensazione di instabilità, che ormai si era ben radicata nei più piccoli meandri del nostro cervello
*Il terremoto smuove le placche, spezza l’equilibrio, lacera case e esistenze, crea una frattura dentro il nostro sistema di certezze, blocca gli orologi sull’ora della paura.
F. C*