GIORNI AMBROSIANI

Isi mi sveglia con poca delicatezza e fra mille litanie la accompagno sul balcone per uno dei suoi giri notturni. Sono come al solito in totale deshabillè, ma ora lo sono anche i miei pensieri. Il sonno, frammenti di un sogno che stavo facendo e che mi sfuggono o forse una sorta di dejà vu. Ricordo i giorni del carnevale scolastico ambrosiano. Ne abbiamo raccontato Maria e io, durante la cena e ancora dopo. Sorrido, perché se in un istituto femminile, si dà il via libera agli ingressi maschili, può succedere di tutto e gli occhi, già permissivi delle insegnanti, non potevano arrivare ovunque. 
La mia era una classe, quasi tranquilla, anche poco politicizzata per l'epoca. Con alcune compagne, avevamo già messo insieme un coro a cappella: il must erano le colonne sonore dei film "Il dio serpente" e "Giù la testa"; Martelli e Morricone, avrebbero approvato e il pubblico scolastico, applaudiva. Il top della trasgressione, le Muratti che credevo di nascondere ai miei. Non avevo neppure amori da trascinare in avventure negli enormi corridoi pieni caos, fumo di tutti i tipi e di angoli discreti
Nessuna fotografia e nessun social. 
Non sorrido più, perché i miei pensieri svestiti rivelano che tanto felice non ero:  in fondo quei sabati carnevaleschi non mi dicevano nulla e vivevo il tutto con una nota di distaccata malinconia, la stessa che si nota nelle foto scolastiche di quei tempi. 
Niente di peggio di una adolescente che finge divertimento 
Ecco, vorrei che il treno della mia vita tornasse indietro di qualche fermata. Dovrei rivedere qualche cazzata e magari modificarla: facendone di peggio? Forse, ma varrebbe la pena provarci

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