PICCOLO GNOMO BIANCO

Te ne sei andato, così, in un attimo.
Poche ore prima ti avevo sgridato, sbuffando, perchè non mi lasciavi spazio per vestirmi e mentre cercavo di mettermi gli stivaletti, mi leccavi la gamba. 
Siamo saliti in auto: dovevamo a dare a comprare i fiori per le tombe dei nonni. Quando arrivavamo alle serre, fremevi per scendere e abbaiavi al mondo per far sentire la tua presenza. Stamattina no. Ci seguivi fra le corsie, tranquillo. Hai ignorato la bella maremmana nel recinto e ti sei fatto rimettere in auto. Mentre scendevo nel parcheggio del supermercato, hai tentato di seguirmi, ma ti ho visto un pochino stanco e ho voluto che il tuo papi ti tenesse in auto. Pochi chilometri ed eravamo a casa. Hai sceso i gradini, hai schizzato la siepe nel solito punto e appena in casa ti sei buttato ansimando sul tappeto, fra la panca e il tavolo a volerti nascondere. Ti ho preso in braccio, ma hai voluto che ti rimettessi giù. Ho cominciato a chiamare i veterinari, qui in montagna. Ho cercato il tuo, a MO, per portarti in clinica, ma, mentre parlavo al telefono, il tuo respiro si è afffievolito e ti sei addormentato. In silenzio. Abbiamo passato I nostri ultimi attimi insieme, mentre aspettavamo che ti portassero via per la cremazione. 
Ora sono qui, nel letto e tremo. Ho freddo, ma è un gelo che ho dentro e non si ferma. A terra, vicino a me il tuo lettino, il plaid di pile morbidissimo su cui ti allungavi. Non c'è il tuo russare. C'è troppo silenzio. 
Sai, mi hai salvata più volte da me stessa. Mi hai permesso di vincere quei brutti attacchi di panico, che non mi consentivano di uscire di casa. Accarezzarti e accudirti, mi ha aiutato a vincere il male oscuro. Insieme, abbiamo camminato tantissimo, macinando chilometri cittadini fra viali e parchi, strade centrali e viette misconosciute. Sempre insieme, in qualsiasi stagione. 
Sei sempre stato con me, anche quando eravamo dalla mia mamma che perdeva coscienza della sua vita. Eri con me, quando papi ci aveva lasciato per quei terribili eterni minuti. Eri con me quando finalmente tutto sembrava risolto, anche se non era risolto nulla. Mi hai accompagnato, a passi lenti nelle mie prime uscite post operatorie. Tenerti al guinzaglio mi dava sicurezza. 
Abbiamo camminato ancora, sempre più adagio, sempre più con papà. Alla fine, tu e lui eravate due compagni perfetti, raffigurati anche in un ritratto da un pittore, anche se i tuoi occhi mi cercavano sempre.
Non hai mai amato molto le coccole, ma le esigevi per gelosia nei confronti dei siberiani, che fanno a gara a sbaciucchiare. 
Dovrò camminare da sola ora. Dovrò imparare a camminare da sola, senza la tua presenza. Imparerò a non sentirmi tirare, quando la tua grandeur ti faceva sentire un molosso. 
Dovrò imparare a sopravviverti e non so come potrò fare, perché tu eri il mio piccolo infermiere, che dispensava quella forza di andare avanti. 
Buon ponte, piccolo gnomo. 
Buon ponte Winston. 







Post più popolari

Immagine
Immagine