È NATALE

Ormai Natale è davvero vicino. La gente è in totale fibrillazione, in un moto perpetuo nella follia degli acquisti. Le strade intorno a casa, punto nevralgico per convergere nel centro storico pedonalizzato, sembrano fiumi in piena, altrettanto paurosi e molto più rumorosi. Eppure in città, mentre andavo a comprare fiori per i defunti, già si intravedevano gli alberi di Natale, addobbati. Per il commercio, dal 1 novembre, un sottile passar di mano, dalle streghe di Halloween a Babbo Natale 
Rinuncio, dunque, alle mie passeggiate, con il terrier, limitandomi ai viali e fuggendo da quella sorta di schizofrenia che prende possesso del cervello di noi umanoidi in questi giorni: mi chiedo quanto possano essere complici le luci sfavillanti e le nenie natalizie suonate a ripetizione... 
Non mi emoziono, alla fine, mi infastidisco.

Il Natale della gioia, è nel ricordo della preparazione del presepe, con le regole che si tramandavano di anno in anno in famiglia, dove ognuno rispettava una parte ben collaudata: papà doveva togliere dalla soffitta gli scatoloni e spolverarli prima di passarli in casa. Io li avrei disfatti e iniziato la preparazione dell'albero prima e del presepe, poi, sotto la rigida egida materna. "Non sporcare, mi raccomando, attenta al muschio, non strappare i tendoni, il  bambino si mette alla mezzanotte della vigilia e i magi all'Epifania."
Ecco, già scappava la voglia di farlo, sto' presepe. 
Le statuine avevano dimensioni diverse e quelle nuove dovevano coesistere con quelle antiche di mia nonna, ogni anno sistemate con un po' di tempera e di copale. Le palme con gli abeti, le casine con le lucette, le pecore più grandi dei pastori, e la fatidica neve del deserto creata ad arte con il detersivo della lavatrice. Le montagne fatte di carta pesta e il cielo stellato dato dai fogli comprati in cartoleria. Guai a non creare il laghetto, con un vecchio specchio, su cui dovevano nuotare le paperelle, tipiche della zona della Palestina, ovvio. Il mio senso estetico e la mia razionalità ne soffrivano, ma non si poteva contestare,  guai a farlo. L'insieme era vagamente orrendo, fra muschio finto, statuette incredibili e montagne innevate nel deserto, ma era il nostro Natale, come la letterina da mettere sotto il piatto di papà, a implorare una super mancia, o la poesia da recitare davanti ai parenti.

Natale, negli anni adulti, era il pranzo natalizio preparato con mia sorella e la sua famiglia, così abbondanti da sfamare tutti fino all'Epifania. Era il tramestio rovinoso di mia mamma, che nella foga di sistemare, buttava nel pattume anche le posate del servizio buono. Era il karaoke stonatissimo del dopo pranzo, così come quel torpore un po' malinconico che complici i brindisi e la stanchezza, colpiva tutti e ci faceva scivolare in un chiacchiericcio sonnolento.

Ogni anno, ancora, pur con fatica, preparo il grande albero e lo dedico a mia mamma, che amava questo periodo e attendeva il Natale, con lo spirito di un bambino. Non ci sono più le statuine del vecchio presepe, perse nei molteplici traslochi. Non ci sono più  le riunioni familiari. 
Il mio Natale è come una qualsiasi domenica, anche se il rito della bella tavola e di un pranzo ricco, tradizionale rimane e rimarrà finché potrò. Voglio  che i profumi antichi riempiano la casa e scaldino l'atmosfera. 
Vestirò un abito bello, metterò un rossetto colorato, il mio profumo ambrato e indosserò il mio miglior sorriso, che come mi insegnano, rallegrerà l'anima. 
Ci sarà lo scambio dei regali, non più caotico, ma tranquillo. Poi, l'alzata di calici, sempre benaugurale per tutti noi e con un sorriso malinconico a  chi, mancando, rende assordante la sua assenza. 

Buon Natale.










Post più popolari

Immagine
Immagine