ERA D'ESTATE ...

Ci sono estati che ci porteremo addosso per sempre, estati che ricorderemo, estati che sogneremo di vivere ancora.
(Dal film L’estate addosso)
Oggi l'estate si è presa una tregua e sta, provando l'abito autunnale.
Ringrazio: la pioggia è salutare e il fresco mi riconcilia con la montagna, che quest'anno è stata corrotta da un anticiclone molto africano, che poco le di addice. Odio sudare, sentirmi appiciccaticcia, avere i capelli che vivono ognuno una vita propria e dissoluta.
Non amo la folla: ci inciampo. Detesto quella sorta di follia estiva che esige il divertimento  obbligato e che invece mi rattrista. Osservo i nonni spesso stanchi, vittime di nipotini poco educati ed esigenti, che assorbono le poche energie rimaste e non li invidio. Così come i genitori con al seguito ragazzini affetti dal morbo adolescenziale, muso lungo, sbuffanti, annnoiati, che rispondono con sussurri biascicati alle domande, mi fanno  vera compassione.  Ringrazio il cielo di essere passata più o meno indenne da quel tritacervello che è l'adolescenza, che ancor più femminile.
Estate è anche tempo di ricordi amari. Se l'inverno ha il gusto della riflessione malinconica, questo è periodo di pensieri più dolorosi.
"... ᴇʀᴀ ᴅ'ᴇsᴛᴀᴛᴇ ᴇ ᴛᴜ ᴇʀɪ ᴄᴏɴ ᴍᴇ. Eʀᴀ ᴅ'ᴇsᴛᴀᴛᴇ ᴛᴀɴᴛᴏ ᴛᴇᴍᴘᴏ ғᴀ... " così cantava un antico brano.
Non penso ai giovanili, estivi, amori, ma a mio padre, che un'estate di tanti anni fa, mi ha portato via, malamente, dolorosamente.
Erano giorni caldi, troppo e si sudava. Fingevamo noi e lui, dignitosi sorrisi a nascondere la verità, mentre i suoi occhi, smarriti, non riuscivano a mentire. Sentivo la sua fatica, la sua sofferenza e me le ero fatte mie.
Il suo ultimo viaggio, con tanti amici, con le bandiere delle associazioni tanto amate, sotto un solleone, con un'afa anomala che soffocava. Sarei voluta fuggire lontano, senza tutto quel rituale, che trovavo e trovo inutile e fastidioso.
Quella sera un forte temporale e scrosci di acqua violenti diedero il via, finalmente alle mie lacrime, non consolatorie, ma piene di dolore.
Di lì a qualche giorno, avrei traslocato. Mi aspettava un'altra città, che avrei dovuto conoscere e che papà avrebbe voluto conoscere. Nei mesi della malattia cercava sull'orario dei treni, i più comodi per potermi raggiungere, come aveva sempre fatto. Questa volta sarebbe stato diverso: non lo avrei avuto accanto con la sua smania di camminare e la sua curiosità.
Prima di consegnare le chiavi, mentre già, per Gi e Chiara aspettavano in auto sotto il solleone, mi lasciai andare, sedendomi a terra, piangendo. Osservavo quella porta da cui lui entrava silenziosamente,  per sorprendere Chiara, che sorpresa non era da quel gioco abituale, ma voluto. Dovevo decidermi a chiuderla, quella porta e lasciare non solo la casa, ma una parte della mia vita.
Avrei asciugato ancora per un po' le lacrime,  poi sempre meno, poi più.
Avrei macinato ancora tanti chilometri, avrei avuto tanti altri affanni, ma avrei anche imparato a tenere il dolore dentro.
Era d'estate e mi sentivo sola.
Era d'estate e odiavo l'estate.
Ho quasi l'età che aveva papà quando ci lasciò. Non ho la sua leggerezza, la sua capacità di rapportarsi agli altri, non sono diplomatica quanto lui, ma sicuramente ne ho ereditato l'amore per le stagioni fredde, quelle dell'intimità, della riflessione. Quella in cui è bello chiudere la porta e non solo per rifiutare il caos, ma per essere solo noi.







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