con le valigie in mano
VIAGGI
Sono una pessima viaggiatrice, senza alcun dubbio.
Tanto naviga la mia mente, così nella realtà, soffro ad allontanarmi da casa.
Vorrei essere una tartaruga, che si muove lentamente con la sua tana in groppa.
Ecco, vorrei partire con la mia casa addosso e in effetti pare che un po' lo faccia. Le mie valigie sono enormi e quando le chiudo sembrano chiedere pietà, proprio come mio marito, che mi prega di portare il minimo indispensabile, che comunque quello che manca lo si può sempre comprare in loco.
Non ce la faccio, anche se ce la metto tutta per razionalizzare e riordinare i bagagli. Qui però si cade in un ossimoro, perché il riordino e il mio nome, non possono coesistere nella stessa frase.
Comunque sia, se proprio devo, e devo, voglio viaggiare in auto, così che il bagagliaio possa contenere quanto più possibile: "Sembriamo degli zingari, mi vergogno, non è possibile" il mantra di Mr: Gi, ad ogni nostro spostamento, non importa quanto lungo sia.
Succede anche quando devo andare due giorni in montagna, a casa nostra, dove abbiamo tutto, ma bisogna capire che fra le cose che devono fare avanti e indietro, il pc, gli eventuali rabbocchi alimentari, di roba ce ne è sempre.
Parto sempre con una borsa con del cibo, perché il mio ex autista preferito, quando guida, non ama fermarsi e trova che ogni autogrill non sia all'altezza; abbiamo fatto tirate allucinanti, tipo Modena/Barcellona, con la sola sosta per il pieno di carburante. Manco il tempo per una corsa al bagno. Viaggio strano quello, perché al ritorno, fummo fermati da uno sciopero dei camionisti che bloccarono per giorni le frontiere. Dovevano arrivare a Le Saint Marie, ma vagammo per le campagne della Costa Brava, finendo a Cadaques e trovando rifugio a Roses. Ci andò di lusso, e si finì la settimana in Spagna, in attesa che finissero le contrattazioni fra il governo francese e i camionisti. Storia che si ripete, pare.
Andando in Bretagna, sempre in auto e ancor più carichi, implorai mio marito di fermarci. Lo fece, mosso a compassione a Le Mans, praticamente vicinissimi alla meta.
Ora, sarà per l'età che avanza, ci stanchiamo un po' di più. Io più di lui, comunque.
I viaggi in aereo mi creano ansia, non per la paura del volo, che comunque reggo senza sclerare se non superano le 4 o 5 ore, ma per le trafile, che manco nel peggio ministero della peggior repubblica.
Intanto sforo sempre il peso dei bagagli, e va beh, poi soffro della sindrome della separazione quando li vedo sparire sul nastro trasportatore e ancor di più patisco le lunghe attese nei gate.
Qualche anno fa, per andare a una convention a Budapest, fummo costretti ad attendere 11, dicasi undici ore, all'aeroporto di Malpensa: in undici ore, avemmo potuto fare in auto il percorso, andata e ritorno.
A San Pietroburgo, per il viaggio di rientro, mi fecero sentire una criminale, perché avevo messo in valigia, un posacenere in cristallo che mi avevano regalato, che aveva dei decori simil preistorici; attraverso i raggi X sembravano reperti archeologici. Roba da DUMA alle calcagna. Quel posacenere, al limite potrebbe essere considerata arma impropria, ed è anche davvero brutto.
Ho provato attimi di scoramento quando a Istanbul persero i miei bagagli, ritrovati e consegnati alle tre di notte.
Ho sofferto vedendo cadere le mie valigie dalla stiva dell'aereo a Linate. Portano ancora i segni a imperituro ricordo dell'incapacità di certi addetti.
No, non mi piace viaggiare, o meglio non sopporto quello che vuol dire viaggiare, quindi non il conoscere nuovi posti, ma avere l'impiccio degli spostamenti, delle prenotazioni e delle attese per gli imbarchi "cieloterraacqua".
Per fortuna da alcuni anni, le auto sono dotate di navigatore satellitare, quindi non sono più costretta a fare da navigatrice, che il ruolo proprio non mi si confà. Tornando da Brest, mio marito si raccomandò che seguissi con attenzione cartelli e cartina. Ci ritrovammo a Parigi, Porte d'Italie, il 14 luglio. Del resto, ho notato che anche il navigatore, in anni seguenti ci fece fare giri strani: pare sia in grado di contagiare con il virus del "da qualche parte si sbucherà", che mi è familiare.
Ora riprenderò un vecchio libro e me ne andrò nei dintorni di Londra con la mia mente: comodamente sdraiata sul divano, ovvio.
Foto gentilmente offerta dal wrb