UNA VEDOVA, UN CANALE, UNA TORRE E CINQUE CAMPANILI

UNA VEDOVA, UN CANALE, UNA TORRE E CINQUE CAMPANILI


Esco dall'autostrada, casello Basso Lodigiano, non appena attraversato il ponte del Po, che dall'Emilia, porta in Lombardia.
Pochi minuti e riuscirò a intravedere la grande sagoma rosata dell'ospedale, e già qualche campanile
Cinque se ne contano nel paese, ognuno a indicare un quartiere, tranne quello principale, quello della Cèsa Grànda, della Cattedrale, sulla piazza.

Mi tornano in mente le parole di una canzoncina di un autore locale: "lasà pur che e mund el disa, ma Casal l'è un gran Casal. A sta sul cavalcavia, panurama da luntan. Gh'è la piassa fai a fùrmagìa, gh'è la Tùr e il monument. A Casal gh'è la ròda che fa andà tri mulin e gh'è anca cinq campanil!. Vado a memoria, e la scrittura del dialetto non è perfetta, ma in poche righe racconta il panorama che mi viene incontro. Solo i tre mulini non ci sono più.

La Torre merlata, simbolo della città, è lì, da secoli, unico edificio rimasto dell'antico castello feudatario. Non è alta, ma a doppio corpo e in mattoni rossi, tipici della nostra zona, appare solida, capace di sfidare ancora il tempo.
Da sempre mi ritrovo a pensare a quanto abbia visto, quella Torre, quali misteri potrebbe nascondere, ma la sua sembra una natura placida che pare aver assimilato la vena degli abitanti. Polemici sì, mezzi matti, come vuole un antico detto, ma tutto sommato tranquilli.  Grandi lavoratori, pendolari sia da studenti che da lavoratori, abituati a levatacce e fatiche. 
Nasciamo contadini, ma diventiamo lavoratori dell'industria più varia. 
Le grandi ortaglie, hanno lasciato spazio alle case. 
I campi, che costeggiavano l'immediato centro si sono trasformati in quartieri residenziali. Belle ville, case ordinate, come tante pulite  periferie, anche se è strano parlare di periferia, quando tutto sembra così vicino al centro cittadino. Il bello del mio paese: tutto è vicino a tutto.

Il primo campanile, che intravedo è dunque quello del Santuario di San Salvario, chiamato familiarmente dei Cappu, dal nome dei frati Cappuccini che lo vivono. 
Bella la zona, bello il viale, che raggiunge la chiesa, che da quanto mi sembrava grande, appare ora piccolo come la strada dove, abitualmente,  parcheggio l'auto a Modena. 
Alberato e fresco però, nonché scrigno di mille ricordi. Qui le passeggiate estive a cercare un po' di frescura, le corse per arrivare a scuola, le medie in orario, qui gli ultimi passi al braccio di mia mamma. Piccolo, sì, ma con la capacità di infondere serenità, ancora oggi.

Poi il campanile della Chiesa di Sant'Antonio, dell'omonimo rione, il più antico, quello su cui fondano le origini del paese.  La Cùntrada dei Morti, dal nome del primo cimitero del paese, che sorgeva alla fine della lunga e stretta via. 
Non è triste, nonostante il nome, anzi!  Con i suoi cortili, ormai completamente restaurati, le case con gli ingressi affacciati direttamente sulla strada, alcune colorate, i glicini di alcuni cancelli,  fanno  custodia alla tradizione. 
In quel rione, la scuola frequentata da bambina, nell'antico Palazzo Lampugnani, il nuovo e il vecchio oratorio, trasformato in asilo parrocchiale, dove fra vecchi film canterini e tanti giochi, ho trascorso la mia infanzia serena. 

Attraverso il Brembiolo, il nostro fiume: in verità è un canale, una volta pescoso e pulito, che taglia in due il paese. Le storie sul vecchio corso d'acqua sono molte, bizzarre e facili a scatenare l'ilarità del popolo. La luna che si rispecchia in una notte luminosa, diventerà per qualcuno, una forma di formaggio da recuperare: la fùrmagia nel Bembiol. 
Nelle zone periferiche, dove il canale crea piccole insenature, le prime piscine naturali per i bambini di altri secoli, e fra le frasche dove vi sono piccoli ponticelli, proprio dei sospiri, ci si nascondeva con i primi casti giovani innamorati.

La piazza, la Cattedrale e la Vedova, che non è una donna in gramaglie piangente lacrime per il compagno, ma una fontana. Così in Lombardia vengono chiamate le fontanelle che continuano all'infinito a sgorgare un fiotto di acqua perennemente fresca. Non è maestosa la fontana, ma è la nostra fontana, capace di dissetare e rinfrescare. Po è lì da tempo immemorabile. Ha visto arricchirsi la sua struttura, togliere i vecchi paracarri di protezione con fasci littori di imperiale memoria, per poi ritornare nella sua attuale semplicità. In un tripudio alla modernità, in questi anni sulla piazza, anche la fontana nascosta, che, non amo, nonostante i suoi bei giochi d'acqua. Mi ricorda i lungomare adriatici e poco una città padana. De gustibus!

Il Municipio,  la casa bianca, ora molto più bianca di un tempo e i portici. 
Sotto  questi  portici, di quella che una volta era la piazza più bella del Lodigiano, poi svilita dalla rivoluzione architettonica degli anni 60, i bar  o i caffè. Il mio era  un paese di bar, osterie, ritrovi. Con la mia amica di sempre, ci ingegnammo a contarli. Erano davvero tanti, per tutti i gusti, le aderenze politiche e quelle sportive.  A ognuno il suo.
Ecco, i portici della piazza, avevano i tavolini esterni, dove sedevano compagnie prevalentemente maschili. Trovavo sempre imbarazzante passare in mezzo ai quei tavoli, e cercavo sempre di evitare. Non erano i vitelloni felliniani, ma lo sguardo non era sempre e di tutti, limpido. Ora riderei, all'epoca, ovvio no!

Tornando indietro, all'altezza della Vedova, ci si avviava per la lunga strada che portava all'altro rione, e all'altro campanile. San Bernardino. La Chiesa, tende a scomparire fra le case a cui è allineata. Ho sempre frequentato poco, quel quartiere, pur bello con i suoi palazzotti antichi. Mi limitavo alla parte iniziale, dove c'era la vecchia torrefazione per il caffè e le indimenticabili caramelle frizzanti, una farmacia e la nostra sarta. 
In quella chiesa, una volta all'anno la benedizione delle rose di Santa Rita. Obbligata da mamma, ma a cui assistevo senza troppi patemi d'animo. La trovavo folcloristica, non inquietate  e accettavo il rituale senza brontolare troppo.

Lascio per ultimo il campanile della chiesa di San Rocco, che da il nome al  quartiere in cui sono cresciuta e che ho amato tantissimo. In questa Chiesa barocca, che mi ha visto va!bina, adolescente e giovane donna, ormai tanti anni fa ho sposato Mr. Gi. 
Immediatamente a ridosso della Chiesa Grande, della via Garibaldi, una volta Corso, con la continuità dei suoi negozi, era un fulcro indipendente. 
Aveva tutto e di più. Si poteva non uscire dal rione e sopravvivere comunque. 
Il prolungamento di Via Garibaldi, era il viale della Stazione, che nessuno chiama mai con i suo nome, Viale Matteotti, punto di partenza e di arrivi quotidiani in genere per Milano, la metropoli, verso scuole, università, fabbriche, uffici. La nostra vita avanti e indietro. 

San Rocco, con la sua gente, i suoi negozianti, il suo pullulare di bella umanità è il quartiere che più ha subito un radicale cambiamento. Rimaste praticamente uguali le case, ha subito l'influsso dell'immigrazione. Un nuovo crogiolo di vite e se tutto sembra ancora simile a quella da me vissuta, in realtà non ci sono più le voci e i volti  conosciuti.
Io stessa, sono ormai una sconosciuta fra i tanti. 
Gli anni trascorsi lontana da qui sono tantissimi, a ben vedere molti più di quanti ne abbia vissuti a C.
Vero che ho sempre trascorso qui lunghi periodi, soprattutto per seguire mia mamma. Vero che qui ho lasciato tutte le mie amicizie, zie, i cugini,  persone a cui non serve raccontarsi. 

In questa terra, riposano nonni e genitori, altri amici che ci hanno preceduto. 
Qui ho lasciato  anche la mia infanzia e adolescenza, la mia prima giovinezza, la serenità che non avrei mai più avuto e un grande pezzo del mio cuore.

Un amico romano, mi disse una volta che la propria città si finisce con il conoscerla davvero, dopo che ce ne siamo allontanati. Parole sagge. Molte cose che erano assolutamente normali, perché le vivevo, le riscopro ora, attraverso letture, che non avrei altrimenti considerato e mi appaiono diverse e interessanti. un mondo nuovo da scoprire, con tutta la sia storia.

Scrivo da esiliata, così mi sento troppo spesso. Sono ospite nella mia città attuale, anche se cerco di sentirmi parte del quartiere cittadino dove vivo, come fossi ancora a San Rocco. Frequento i negozi di zona, parlo con i vicini…    No, non è la stessa cosa.

Mi mancano la Vedova, il canale, la Torre e i cinque campanili.
























Post più popolari

Immagine
Immagine