VIOLE

Vivevo in una piccola cittadina, dove il centro storico si  abbracciava alla verde periferia, fatta ancora di tanti prati e rari cascinali e si usava ''andare per viole", modo antico e locale,  per definire una passeggiata in compagnia di amici, complici l'un con l'altro dei primi piccoli, timidi, flirt adolescenziali
Erano i primi giorni primaverili, comunque,  e la ricerca delle viole,  quasi obbligo, un rito.
 Non duravano nulla, le viole, proprio come quegli amori  e ora mi rendo conto quale delitto fosse raccoglierle.

"Anche quest’anno andrai per violette
lungo le prode, nel febbraio acerbo.
Quelle pallide, sai: che han tanto freddo,
ma spuntano lo stesso, appena sciolte
l’ultime nevi; e fra uno scroscio e un raggio
ti dicono: «Domani è primavera.»
Ogni anno ti confidi al tuo tremante
cuore: «È finita», e pensi: «Non andrò
per violette, non andrò mai più
per violette – ché passò il mio tempo –
lungo le prode, nel febbraio acerbo.»
Invece (e donde ignori, e da qual bocca)
una voce ti chiama alla campagna:
e vai; e i piedi ti diventano ali,
sì alta è la promessa ch’è nell’aria.
E per amor dell’esili corolle
quasi senza fragranza, ma beate
d’esser le prime, avidamente schiacci
con gli steli la zolla entro le dita.
O sempre nuova, o non guarita mai
dell’inquieto mal di giovinezza,
a chi dunque darai le tue viole?
A nessuno: a te stessa: o, forse, ad una
fanciulla che ti passi, agile, accanto,
e ti domandi dove tu l’hai colte:
sola n’è degna, ella che fresca ride
come il febbraio; e non si sa qual sia
più felice, se ella, o primavera."

Ada Negri

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